Gli studi relativi allo stato di fatto in quelle strutture infatti non sembrano essere stati implementati.
Rilanciando l’invito all’Amministrazione comunale bollatese, nel cercare di impegnarsi e mantenere sotto costante attenzione il problema (si sta aggiornando il censimento?), e sperando di poter contribuire a porre in evidenza il problema, vogliamo arricchire le nostre considerazioni con questo interessante articolo pubblicato nel sito de “il Sole 24 ore”, in data 14 dicembre 2015.
Il rilancio del comparto edile, imprescindibile per una ripresa vera dell’economia italia, passa anche dagli interventi per mettere in sicurezza gli edifici contaminati dall’amianto. Ma gli interventi, sostenuti dalle istituzioni, sono talmente lenti che per Ermira Behri, la segretaria nazionale della Fillea Cgil che è intervenuta ad un convegno torinese sul rischio amianto, «occorreranno 85 anni per smaltire l’amianto ed eliminarlo dalle nostre vite».
Un tempo inaccettabile, anche perché nel frattempo si continua a morire. In Italia al ritmo di 4mila vittime all’anno, con il rischio che il picco dei decessi si raggiunga nel 2020. Un rischio, quello dell’amianto, scoperto in Germania nel corso della seconda guerra mondiale, eppure ignorato ancora per decenni. Secondo Behri in Italia ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di materiali compatti contenenti tale sostanza e molte tonnellate di amianto friabile in numerosi siti contaminati, non solo industriali, sia pubblici sia privati. I siti censiti ufficialmente sono 44mila, ma per Fillea si tratta di numeri sottostimati poiché solo in Piemonte i siti contaminati da amianto sono 23mila e 14mila nelle Marche. Behri sottolinea come l’estensione sia pari a 2,5 miliardi di metri quadrati.
Un problema che riguarda anche 2.400 scuole da bonificare in tutta Italia. Diventa dunque urgente intervenire. E gli investimenti per le bonifiche servirebbero anche a rilanciare il settore dell’edilizia che potrebbe trovare un’opportunità nella “rivoluzione verde” del modello produttivo, puntando sulla sostenibilità. Behri sostiene la necesità di interventi per la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, migliorando anche il rendimento energetico degli edifici mentre si tutela la salute pubblica e si creano «centinaia di migliaia di posti di lavoro».
<< Dal Comune di Milano arrivano altri nove milioni di euro per interventi straordinari di manutenzione dei corsi d’acqua a valle del Seveso decisi con due delibere approvate dalla Giunta con le quali Palazzo Marino ha approvato “importanti interventi che andranno a contenere il rischio idrogeologico rappresentato dal fiume”. Il primo intervento riguarda il consolidamento di Cavo Redefossi, nel tratto tra piazza Cinque Giornate e corso Lodi. I lavori, per un importo pari a 7 milioni e 200mila euro, sono finanziati dal programma statale #italiasicura e saranno realizzati successivamente a quelli per il consolidamento del primo tratto del canale sotterraneo, tra Piazza Oberdan e Piazza Cinque Giornate (già finanziati dal Comune per un importo di 7.650.000 euro).
Il secondo stanziamento – oltre 1 milione e mezzo di euro -, riguarda il risanamento del canale sotterraneo del Naviglio Martesana che scorre sotto via Melchiorre Gioia, fra via Pirelli e viale della Liberazione, nel quale confluiscono le acque del Seveso. I lavori saranno eseguiti da MM spa e prevedono la riqualificazione delle gallerie sotterranee in cui scorre il fiume, con il ripristino delle condizioni della struttura dei canali e quindi il miglioramento del flusso del Seveso, che nel suo tratto confluisce prima nella Martesana, poi nel Cavo Redefossi.
“Il nostro impegno affinché il Seveso non rappresenti più una minaccia per i milanesi è costante e concreto – sottolinea l’assessore all’Ambiente Pierfrancesco Maran – questi interventi fanno parte del grande piano di contenimento dell’emergenza che prevede anche la depurazione delle acque e la realizzazione delle quattro vasche di laminazione”.>>
Expo 2015: serve più partecipazione per decidere il destino dell’area espositiva
“La partecipazione della gente alle decisioni strategiche e, in particolare, alla progettazione urbanistica è un fattore vitale per il successo delle trasformazioni urbane di una città, per la qualità della vita dei suoi abitanti, per generare inclusione sociale e favorire la trasparenza. Questo principio è stato declinato da generazioni di urbanisti nel secolo scorso e, tra tutti, ricordo in modo particolare Giancarlo De Carlo, genovese per caso e laureato nel Politecnico di Milano. Pubblicò L’architettura della partecipazione più di 40 anni fa. Erano gli anni (1973) di una canzone di Giorgio Gabertuttora viva nel profondo collettivo della mia generazione. Il testo di Sandro Luporini traduceva in poesia un valore inconfutabile, assieme individuale e collettivo: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione; la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”.
Nel discutere il destino delle aree e delle infrastrutture di Expo 2015, la discussione si è finora limitata a una serie di schermaglie tra le diverse istituzioni, con Stato, Regione e Comune in prima fila, focalizzate su temi e soluzioni non affatto originali. Si sono fatte molte ipotesi e qualche principe azzurro si è pure fatto avanti, ancorché squattrinato, e qualche finanziamento hi-tech è anche apparso all’orizzonte, naturalmente da fonte statale. Nessuno o quasi ricorda, invece, che questo destino ere stato oggetto, quattro anni fa, di un evento caratterizzato da una grande partecipazione, chiamato referendum.
Il Referendum consultivo d’indirizzo per conservare il futuro parco dell’area Expo (numero 3) chiedeva: “Volete voi che il comune di Milano adotti tutti gli atti ed effettui tutte le azioni necessarie a garantire la conservazione integrale del parco agroalimentare che sarà realizzato sul sito Expo e la sua connessione al sistema delle aree verdi e delle acque”?
Nei giorni 12 e 13 giugno 2011 ha votato “Sì” il 95,51% dei votanti. Se 454.995 milanesi hanno espresso l’indirizzo di conservare il parco agroalimentare e solo 22.443 hanno detto “No”, ignorare se non umiliare la partecipazione come, almeno in apparenza, sta accadendo non è mai una buona cosa. Spesso prelude a una deriva non propriamente democratica e, talvolta, diventa l’anticamera dei periodi oscuri in cui la libertà rimane soltanto una parola falsa e vana, senza sostanza alcuna.”
Venerdì 27 novembre si è svolta a Rho un’assemblea pubblica con la partecipazione del Ministro Martina, dei rettori delle Università Statale e Politecnico e del Sindaco della città ospitante; qualche giorno prima, si era tenuta una conferenza stampa promossa dal presidente di “Distretto 33”, dal presidente di AIL – associazione imprenditori lombardi – e dalla parlamentare della nostra città. Entrambe le iniziative seguono la presentazione del progetto effettuata dal Governo, la cui volontà è di trasformare il sito che ha ospitato Expo in un polo universitario e di ricerca. Le risorse che il Governo mette a disposizione per dar vita alla sua idea, ad oggi, ammontano a 50 milioni di euro e francamente ci sembrano piuttosto scarse. Del resto il messaggio è stato chiaro: il pubblico non dispone delle risorse necessarie per gestire la totalità dell’intervento e quindi si renderà necessaria una forte partecipazione del privato.
Evidentemente si tratta ancora di un progetto in embrione, ma non per questo dobbiamo sottovalutarne le potenzialità che si presentano per il nostro territorio in termini di ricadute positive, sviluppo e cambiamento. Se gestito in maniera appropriata, il progetto esposto infatti potrebbe modificare radicalmente il futuro economico e sociale del nostro territorio. Per raggiungere questo importante obiettivo però è necessario che siano coinvolti, in qualità di attori attivi, oltre Milano e Rho (città sul cui territorio sorge il sito in cui si è tenuta Expo), anche i comuni limitrofi come il nostro, con le loro amministrazioni, imprese ed associazioni imprenditoriali. E’ necessario altresì che questi ultimi dimostrino di avere, già pronte, idee chiare, capacità e competenze per poterlo pretendere.
Pensiamo sia utile per Bollate, e per i comuni della nostra zona, il dare ulteriore impulso ad un approccio ispirato alla cultura dell’accoglienza ed ai canoni di “Città Metropolitana”, cioè ad un progetto d’uso del territorio su area vasta. Tale infatti sarà la dimensione del riflesso proiettato dagli interventi di riuso ipotizzati per l’area ex Expo.
La nostra città ed i comuni a noi limitrofi possono vantare una vasta disponibilità di aree dismesse ed un cospicuo patrimonio di edifici rurali esistenti in disuso e da recuperare. Edifici che, per la tecnica costruttiva tradizionale con cui sono stati realizzati e per tipologia, non penetrano in profondità nel terreno per più livelli, se non per qualche metro di fondazioni, e che, proprio per questa loro peculiarità, non andrebbero ad impattare con il già noto ed attuale problema dell’innalzamento della falda acquifera della nostra zona. Pensiamo agli edifici di valore storico e architettonico che caratterizzano il borgo di Castellazzoe la sua splendida villa, ma anche ai tanti edifici di archeologia industriale (fornaci e vecchie fabbriche ormai in disuso ed abbandonate a sé stesse) e, perché no, magari anche al vecchio ospedale di Garbagnate Milanese.
Riutilizzato per dare ospitalità a decine di migliaia di studenti fuori sede e che popoleranno il sito di Expo, questo insieme di edifici costituisce un patrimonio edilizio esistente che, doverosamente rispettato nei suoi caratteri architettonici originari e sapientemente recuperato dal punto di vista funzionale, potrebbe prestarsi ottimamente per la realizzazione di alloggi e spazi comuni (sale studio, bar, ristoranti, laboratori, atelier artistici …), finanche divenire utile come ulteriore infrastruttura universitaria (pensiamo alla villa Arconati di Castellazzo), dando notevole impulso al lavoro e all’indotto locale, rendendo il territorio bollatese e quello dei comuni a noi limitrofi, nel loro insieme, una delle più ricche aree d’Italia, se non d’Europa, sia dal punto di vista economico che culturale.
A ribadire la portata di questo possibile investimento, ricordiamo che tale patrimonio edilizio dista solo qualche chilometro dal sito di Expo ed è per lo più collocato nello splendido scenario naturalistico del Parco delle Groane, arricchito dalle recenti “vie acqua” e da una fitta dotazione di piste ciclabili che, implementate in occasione del recente evento internazionale, consentirebbero, qui sì, di non dover ricorrere necessariamente all’uso dell’auto. Ovvio che un potenziamento dei collegamenti tramite trasporti pubblici, oltre che di aree di interscambio, sarebbero necessari oltre che auspicabili.
Questi insediamenti, finalmente recuperati all’uso sostenibile, potrebbero svolgere un’ importante funzione di presidio del territorio, anche in termini di sicurezza, e rappresentare una grande occasione, forse irripetibile, per contenere davvero “il consumo di suolo”, non solo a generici proclami elettorali, evitando così ulteriori ed inutili espansioni urbanistiche e nuovi insediamenti edilizi.
Cittadini Bollatesi Solidali
Fonte: Parco delle Groane
Fonte: Parco delle Groane
Fonte: Parco delle Groane
Fonte: Parco delle Groane
Fonte: profilo Facebook “Bollate in foto”.
Foto di Franco Busato.
Foto di Franco Busato.
Foto di Franco Busato.
Foto di Franco Busato
Foto di Franco Busato
Foto di Franco BusatoFonte: profilo Facebook “Bollate in foto”Fonte: profilo Facebook “Bollate in foto”Foto di Franco BusatoFoto di Franco BusatoFoto di Franco BusatoFoto di Franco BusatoFoto di Franco Busato
Fonte: profilo Facebook “Bollate in foto”
Foto di Franco Busato
Fonte: profilo Facebook “Bollate in foto”Foto di Franco BusatoFoto di Franco Busato
Fonte: CBSFonte: CBS
Fonte: Parco delle Groane
Fonte: CBSFoto di Franco Busato
Fonte: CBSFonte: CBSFonte: Parco delle GroaneFonte: Parco delle GroaneFonte: Parco delle Groane
… presso la sede del Parco delle Groane , in via della Polveriera n. 2, a Solaro (MI), è esposto un bellissimo plastico che riproduce il borgo di Castellazzo e la sua splendida villa Arconati. ? Vi consigliamo di farvi visita perché il Parco delle Groane è davvero “la natura sulla porta di casa” . E poi, per goderne in pieno la bellezza, magari fare visita anche al borgo dal vivo… vi assicuriamo che ne vale la pena.
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